CHIACCHIERICCIO SUL PESCE

SOTTOTITOLO: QUALCHE NOZIONCINA DI BASE PRESA QUA E LA’

Sottotitolino del sottotitolo: non sono una nutrizionista, non sono una scienziata, non ho chissà quali grandi conoscenze, leggo cose, prendo spunto, non voglio fornire grandi verità né suggerire come (e cosa) si dovrebbe mangiare. Dico la mia, leggo, cerco di informarmi, ogni tanto incappo in qualche bufala anch’io ma spero che continuando su questa scia prima o poi riesca ad inciampare più in qualche verità che in piccole e costanti bugie. 

Passiamo al dunque.
Chi mi segue su Ig da un tempo relativamente ampio sa perfettamente che cerco di limitare di molto sia il consumo di pesce che quello della carne, se invece siete su questo mio profilo da poco aggiungo che non acquisto né consumo carne ormai da quasi sette anni (forse più) ma che questa mia scelta è più relativa ad un fattore di gusti personali che ad altro. Tuttavia non mi sono mai imposta di non poterci far ritorno un giorno, bisogno che però fino ad oggi non ho mai avvertito. Anche quando era mia abitudine consumarne in realtà si trattava comunque di un consumo ridotto e, più che altro, di un comportamento appreso culturalmente e consolidato come “naturale” e non prettamente “personale”.
Tuttavia, nonostante questo, non ho mai fatto mio il concetto di eliminare totalmente, in parte perché non mi appartiene, in parte perché sono dell’idea che ecosistema, flora e fauna possano giovare di comportamenti funzionali se solo la maggior parte di noi li mettesse in pratica. Cosa voglio dire con questo? Voglio dire che cento persone che fanno uso occasionale di un prodotto, maturando scelte consapevoli piuttosto che dettate da semplici voglie impulsive hanno un impatto maggiore rispetto ai comportamenti di una singola persona che decide di eliminare totalmente un prodotto, un alimento o una categoria di alimenti. Sia chiaro, la mia stima nei confronti di quella singola persona in ogni caso è massima ma sostengo fortemente la diffusione della conoscenza, la quale deve rendere possibile un miglioramento qualitativo a livello globale e non unicamente personale o individualistico.
Pertanto nel caso del pesce sono dell’idea che piuttosto che eliminarlo totalmente si possa decidere di fare scelte più oculate semplicemente provando a:

  • Mangiarlo sporadicamente (il concetto di sporadico è relativo, va da sé però che più è alta la frequenza e tanto più basso l’intervallo di tempo tra un consumo ed un altro minore sarà l’impatto positivo a livello ambientale);
  • Controllarne la provenienza, evitando così di contribuire al mantenimento degli allevamenti;
  • Scegliere tipologie di pesce adatte (evitando alimenti potenzialmente contaminati, ad esempio, e/o di scarsa qualità) con conseguenze positive sulla propria salute;
  • Imparare a distinguerlo.

Il pesce si divide essenzialmente in pesce di allevamento e pesce pescato. Nonostante sia una cosa abbastanza ovvia e scontata però mi sembra che non gli si dia l’importanza che merita. Basti pensare che orate, branzini e salmone solitamente sono pesci di provenienza di allevamento, eppure è solitamente il pesce più acquistato. Sicuramente su una scelta di questo tipo influisce anche il fatto che le stesse tipologie di pesce, se acquistate da “pesca”, sono notevolmente più costose.

In ogni caso è bene sapere che, volendo conoscere la provenienza del prodotto che si va ad inserire nel proprio carrello, sulla confezione del pesce è SEMPRE indicata la provenienza (che sia pescato o d’allevamento), quindi il primo step è…leggere.
Ricordiamo che il pesce pescato si può riconoscere perché solitamente ha dimensioni maggiori, squame più brillanti e corporatura più asciutta e più muscolosa (sì, è un pesce meno grasso, basti vedere la differenza di macronutrienti tra salmone d’allevamento e salmone selvaggio, il primo un pesce messo all’ingrasso per fruttare più soldi ed il secondo un pesce che si ciba di ciò che trova naturalmente, più sano, più “equilibrato”). Ma anche in questo caso, non tutto il pesce pescato è uguale. Tendenzialmente è più vantaggioso scegliere quello di piccola taglia, escamotage che permetterà di ridurre la probabilità di trovare alte concentrazioni di metalli pesanti (i pesci più grandi, in funzione della catena alimentare, solitamente mangiano i pesci più piccoli, di conseguenza il rischio di una maggiore percentuale di accumulo di metalli pesanti è maggiormente presente).
Qual è il pesce di piccola taglia? ACCIUGHE, SARDINE, SGOMBRI, TRIGLIE, MERLUZZO.

In più, leggendo qua e là, ho scoperto quattro cosette fondamentali:

  • Ogni etichetta riporta la sigla della zona in cui quello specifico pesce è stato pescato, definita ZONA FAO.Le zone più pulite e più sicure rispetto al resto del mondo sono le zone FAO 27 e 37, rispettivamente le zone dell’Oceano Atlantico Nord Orientale e il Mar Mediterraneo.
    Le zone più inquinate, da evitare, sono invece le zone FAO 61 e 71: si tratta di aree interessate dal disastro nucleare avvenuto a Fukushima, in Giappone, nel 2011.

ZONA FAO PESCA

  • Il pesce ha una sua stagionalità, rispettarla vuol dire salvaguardare l’ecosistema. Scegliere pesce di stagione va infatti a vantaggio dell’ambiente e del suo equilibrio, garantisce la qualità di ciò che mangiamo ed è, oltretutto, più economico.
    Qui la suddivisione del pesce in base alla stagionalità mese per mese.

stagionalità pesce

  • Il pesce surgelato ha una percentuale di “glassatura” (ovvero uno strato di ghiaccio a ricoprirlo, per protezione) che è indicata direttamente in etichetta e che può arrivare fino al 50%. Cosa vuol dire questo? Che sul peso totale del prodotto il 50% è costituito da acqua. Controllate e cercate di capire COSA state pagando, pesce o acqua?

Detto questo aggiungo qualche considerazione personale.
Quando è iniziata la quarantena ero già digiuna di pesce da circa due settimane e, per i tre mesi a seguire, non ho mai desiderato consumarlo. Al contrario della carne però è un alimento che mi è sempre piaciuto notevolmente, per gusto, consistenza, possibilità di ricette, quindi ero consapevole del fatto che prima o poi una piccola voglia si sarebbe ripresentata. In virtù di questo penso che il consumo occasionale e consapevole sia certamente una strada più percorribile per me rispetto ad una totale eliminazione. Anche perché, detta sinceramente, la decisione di non consumare prodotti di origine animale (come la carne così il pesce) dovrebbe essere supportata anche (e soprattutto, nel mio caso) dalla scelta di non acquistare e consumare latticini prodotti in determinati modi (da allevamenti intensivi, ad esempio) o di favorire produzioni non ecosostenibili (un esempio potrebbe essere l’avocado, il cui metodo di produzione ha un impatto sulla natura davvero molto molto forte). Ma come questi molti sono gli aspetti che concorrono a generare un quadro completo e fortemente eterogeneo.
Insomma, piccoli passi ma consapevoli per me rappresentano sicuramente un ottimo punto di partenza e una presa di coscienza che, se non proprio da premio oscar, sicuramente può avere una sua valenza positiva che spero possa arrivare a contagiare e spronare anche qualcun altro.
Con la speranza di essere stata utile.
Il Panda.

Bibliografia

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